Seasteading: dall’Isola delle rose alle città-Stato fluttuanti della Silicon Valley
di Andrea Venanzoni,
(16 febbraio 2021)
Il film di Sidney Sibilia, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, con Elio Germano nella parte dell’ingegner Giorgio Rosa, ha fatto riaffiorare, letteralmente, dalle nebbie della memoria e dalle acque dentro cui venne affondata da una azione di forza del governo italiano, la piattaforma dichiarata Stato autonomo nel 1968.
Quella delle micro-nazioni è una epopea a metà tra il simbolico e il politico, magistralmente affrescata in un meraviglioso Atlante delle micronazioni, a firma di Graziano Graziani (Quodlibet, 2015), dentro cui si trova anche la vicenda dell’Isola delle Rose, definita ‘il più ambizioso tentativo di creare una nazione di fondazione’.
Le micronazioni sono aggregazioni che si scindono da una compagine statale, rinunciando alla sovranità ordinamentale e richiedendo maggiore libertà, attuando quella ‘secessione individuale’ come suprema forma di riconoscimento della libertà individuale di cui ha scritto Ludwig von Mises.
Ma se Rosa ha lanciato l’idea, lavorando sodo nella sua realizzazione, è stata la Silicon Valley, più di recente, a fondare una titanica impresa di costruzione di micro-nazioni fluttuanti nell’oceano, le quali finiscono per atteggiarsi come Stati autonomi a base integralmente privata, altamente tecnologizzati e tra loro funzionalmente interconnessi.
E’ il ‘Seasteading’, la colonizzazione proprietaria dei Mari, che mutua il nome dall’homesteading, la acquisizione proprietaria degli spazi terricoli privi di altri proprietari che nel liberalismo di Locke ebbe la sua scintilla originaria, e come ad esempio avvenne durante le concitate esperienze della Frontiera americana.
Il progetto si deve a Patri Friedman, nipote del grande economista liberale della Scuola di Chicago Milton Friedman: ma più che al nonno, l’idea sottesa al Seasteading è maggiormente debitrice alle coordinate concettuali del padre di Patri, David Friedman, intellettuale anarco-capitalista, economista e giurista figlio di Milton.
David Friedman è autore di una delle opere di maggior successo dell’anarco-capitalismo statunitense, (L’ingranaggio della libertà – guida a un capitalismo radicale, Liberilibri, 2008), oltre ad essere la sua una delle poche informate al pensiero utilitarista in luogo del consueto neo-giusnaturalismo del pensiero libertarian più radicale: a differenza di Milton che riconosceva dignità allo Stato e ne teorizzava una minimizzazione e una minor intromissione nella politica economica, David punta al superamento dello Stato stesso mediante il riconoscimento di spazi di libertà in cui gli individui si auto-determinino sulla base di scambi e transazioni del tutto volontari.
Il ‘Seasteading’ unisce questo pensiero libertarian con alcuni ambiti contro-culturali americani: non a caso l’idea venne a Patri durante la partecipazione al Burning Man, un festival tra l’esoterico e la new age, condito di esplosioni pirotecniche e derive cyberpunk che si tiene tutti gli anni nel deserto del Nevada. A dar man forte al giovane, il sempre presente Peter Thiel, venture capitalist libertarian che incarna l’anima anarco-capitalista della Silicon Valley; fondatore di Paypal e di Palantir, maggior finanziatore esterno di Facebook, Thiel ha finanziato Seasteading e l’Istituto che ne raccoglie le ricerche e le progettualità, con la notevole cifra di cinquecento milioni di dollari.
A illustrare analiticamente gli scopi, le motivazioni e le caratteristiche tecniche di questo visionario progetto è il volume ‘Seasteading’ di Joe Quirk, apparso nel 2017 per la Free Press: significativo il sottotitolo che, tradotto, recita ‘come le nazioni fluttuanti risolveranno la questione ambientale, arricchiranno i poveri, cureranno i malati, e libereranno l’umanità dai politici’.
Al di là del consueto tono messianico che anima una certa parte della Silicon valley e della californian ideology, il progetto suona e si presenta come una perfetta utopia anarco-capitalista tesa a eradicare la presenza della politica partitica, vista come elemento di propulsione della forma statale, e a propiziare l’idea di una tecnologia che piega gli elementi naturali migliorando la condizione umana, e rendendola in certa misura oltre-umana.
Articolo apparso in:
Fondazione Leonardo
16 febbraio, 2021